martedì 25 aprile 2017

La Pasticceria 300 a Treviso

La Pasticceria 300 è a Treviso, dove da anni  rinomatavanta una rinomata nomea, per la capacità di proporsi come raffinato punto di riferimento per ciò che riguarda torte, pasticcini e pasticceria salata di ogni tipologia.

Produzione artigianale

PASTICCINI
La Pasticceria 300 propone dolci mignon, torte e biscotteria di ogni genere, farciture al cioccolato, crema o marmellata. Ogni produzione, avviene con cura del dettaglio e cura nella selezione degli ingredienti.

  • Per una colazione Genuina
    Per chi ama una colazione ricca e golosa, i  croissant sono la scelta giusta! Al cioccolato, marmellata, crema o altre dolci farciture rigorosamente prodotte artigianalmente.
  • Pasticceria tipica​
La Pasticceria 300 produce dolci tipici della tradizione impegnandosi nel soddisfare ogni vostra esigenza golosa!
  • Dolci tentazioni
L'obiettivo è quello di realizzare gustosità che possano soddisfare anche i palati più esigenti. Tante e varie dolci tentazioni, che fanno della Pasticceria 300 una pasticceria di riferimento.

sabato 22 aprile 2017

da Stefano, Pescheria 'L'angolo del mare', a Quinto

A Quinto Stefano Iovino, napoletano verace, ha aperto la sua Pescheria,L’Angolo del Mare.

Tutto il pesce del Tirreno è abbondantemente presente nella cucina napoletana. Molto
apprezzati sono anche i pesci meno pregiati e più economici, tra i quali soprattutto le alici ed il pesce azzurro in generale. Ottimo è il pesce per la zuppa: scorfani, tracine,cuocci, così come pesci di media e grande taglia, tra i quali spigole e orate o come dentici, saraghi e pezzogne. Il baccalà, importato dai mari del nord Europa, è anche un ingrediente che fa parte della tradizione, e viene preparato fritto o anche con le patate e pomodoro.
Stefano ha voluto proporre nella sua Pescheria il pesce ‘altro’ ,non solo quello dell’Adriatico, così da costituire un punto di richiamo per i consumatori curiosi e intelligenti.
Dopo l’esperienza in una pescheria della grande distribuzione Stefano ha affrontato la nuova esperienza con competenza ed entusiasmo : dietro il banco prepara il pesce, consiglia e suggerisce come cucinarlo, elargisce ricette inedite.

“A Napoli siamo famosi anche per la cosiddetta “frittur e paranz“, un piatto a base di pesce fritto che comprende solo prodotti di piccolo taglio, come sogliolette, alici,merluzzetti e triglie. Questo nome, divenuto ormai più che consueto nel vocabolario della nostra terra, prende spunto dalle imbarcazione che venivano utilizzate in passato per la cattura dei pesci, le quali si caratterizzavano per il fatto di procedere sempre insieme. Da qui si capisce anche perché nel gergo napoletano il termine paranza è stato scelto per indicare un gruppo di persone unite da legami lavorativi o da
amicizia. La diffusione di questa bontà marina sembrerebbe attribuita ai romani, i quali, essendo grandi estimatori delle terme, giunsero ad Ischia, probabile patria di questo piatto, e da lì lo diffusero nella vicina Pozzuoli, dando vita ad una tradizione culinaria che non ci avrebbe più lasciato.”


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Viale Monfenera : la bottega dei ricordi

Viale Monfenera era, un tempo, la prima periferia della città di Treviso.
Vi era un unico palazzo di tre piani, che spiccava fra i ruscelli (per davvero limpidi) e i campi.
Eppure questa via ha dato i natali al volley trevigiano : qui nacque, in un campetto gestito dai ragazzi,
l'Hesperemonf, sostenuta dalla ACT Carniato di Porta Santi Quaranta.
Tempi eroici : il primo 'successo' fu l'inquadramento della società nei Vigili del Fuoco.
Ma in viale Monfenera vi era il mitico negozio di alimentari della signora Lalla (dove oggi c'è la Calzoleria la Rapida), dove,ancora ragazzini, andavamo ad acquistare le caramelle.Quando la signora Lalla cedette l'attività, fu in questo negozio che iniziò la sua avventura imprenditoriale Luciano Cacciolato.
E poi, i ruscelli. Mitica figura il Cattarin, che andava ad acchiappare le rane, prima di diventare
il pasticcere della IDA in viale Cairoli.
Le birichinate giovanili comprendevano anche il furto di qualche pannocchia che , poi, immancabilmente, il giorno dopo, andavamo a pagare con le nostre monetine alla signora dei campi !
Oggi, dove scorrevano i ruscelli, vi è la Pasticceria 300 e , poco più in là, Vincantando.
Ricordi di una via che finiva con la tabaccheria edicola Silvestri, dove il lunedì, con i risparmi delle paghette, ci permettevamo l'accuisto de La Gazzetta dello Sport......

IL NUOVO CAGNAN : Viale Monfenera e.... a Monigo

giovedì 20 aprile 2017

La lettera de Rosina Tiranti in Sgorlon

La lettera che Remigio Forcolin, fondatore de Il Cagnan, ci ha girato dal Paradiso :

Mio caro comm. POMPONIO
semo, finalmente, dopo Pasqua!
Me sento ancora el rebegoto nei piè, quando ricordo il roseo foglio di febbraio 1982, la danzante
cronaca de Mirko Trevisanelo sui bataclan 1935 de la nostra Treviso, che in fato de marche e de marchette, la ze e la sarà sempre, come me suggerisce la signora Tecla, la Marca Gioiosa et Amorosa.
Co la presente,carissimo Pomponio, el sarà contento che lo invito a la festa del NOVO CAGNAN che, anca se semo vanti coi ani, la sarà fata a nostro onor.Pecà soltanto che noi possa sonar l’orchestra del Maestro Massimo Fermi, presentando in edission 2017 el famoso TANGO DE LA ROSINA, col motivo cantà dal tenor Ponzanese Armando Gambarotto, co la mossa de corpo de mi e RODO che figura come ‘finestra’ de la presente che la xe,par chi no lo savesse,la copertina del Tango de la Rosina del vecio musicista del Cagnan: DADE.
La festa la sarà fatta dai tosi dell’Osteria Toniolo, dalle parti de Frà Giocondo, dove, se no ricordo mal, ghe iera un famoso casin.
L’ultima festa del Cagnan a gavevimo fata a Monastier, nel salone della Villa Tiranti, col buffet de
Loris Casellato, el gran pasticier co le so celestiali tose del bar : Ornella,Raffaella,Lidia,Loredana,Arianna,dirète da quella brava parona che gaveva sempre in man dolsi e sorrisi , la signora Adele.
No so se a un certo punto de la festa ghe sarà come na volta, l’estrasion de le bale,beninteso de la tombola, che da l’ambo a la cinquina, mandarà tuti a casa co qualcosa in man.
Pertanto, diletto Pomponio, ghe telefonerò par dirghe a quando,mentre la consiglio de far sempre moto,menando el can a passeggiar.
Bon passeggio e tanti saludi da la so

ROSINA TIRANTI in SGORLONRisultati immagini per immagini antiche fiume il cagnan treviso

Alla Osteria dalla Gigia,in via Barberia, a Treviso

Ci si ritrovava, verso sera, al Canton dei Quattro Esse (Siamo Sempre Senza Soldi), all’inizio di via Barberia a Treviso.
Era quello il punto di incontro e di ‘ciacoea’ degli studenti trevigiani, che avevano affidato anche ad un foglio di quattro facciate le loro speranze e le loro idee.
Via Barberia era la via dove andavi ad acquistare i dischi (in vinile) da Fusco ; dove ti stropicciavi gli occhi con la boutique di Elsa Svalduz o le calzature di Bellotto.
Oggi con il restauro di Ca’ dei Ricchi è ritornata a nuova vita.
Ma oggi come allora si finiva sempre alla Osteria dalla Gigia, per degustare le mozzarelle in carrozza ( al prosciutto o alle acciughe).
Dal lontano 1982 Ovidio e Alessandro menano le danze, con affabilità e simpatia. Dalla Gigia….” tutto si consuma rigorosamente in piedi e così altrettanto fuori nel vicolo magari anche con una spuma, un ginger o un birrino in mano. La contabilità è semplice per pagare basta dire quanti "pezzi" (mozzarelle e/o pizzette hanno lo stesso prezzo) ai gestori e con abile calcolo mentale (altro che calcolatrici) il conto è fatto. anche per asporto ovviamente. “

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Lele Ricato, il 'frutarioeo' de Frà Giocondo

Porta Frà Giocondo, nell’immaginario collettivo dei giovani degli anni ‘60, era il varco
verso il contado,una sorta di indicazione da percorrere in bicicletta per indirizzarsi,
lungo viale Luzzatti e Santa Bona Vecchia, verso il mitico Montello.
Certo ricordiamo l’Osteria Toniolo (nata come bottiglieria); il salone di sartoria di Carlo
Calzavara,l’elettrauto Tasca, ove Adriano, con pazienza, ricoverava la nostra antichissima
Topolino, accompagnata da Renzo, il burbero benzinaio di Porta Santi Quaranta, che fungeva
da nostro insostituibile ‘consulente’.
Ebbene, fra gli appunti di storia e di cronaca,non possiamo dimenticare Lele Ricato, il
‘frutarioeo’di questa contrada. Lele , me lo ricordo bene (eravamo a scuola insieme),
ha sempre rappresentato per me il ragazzo di stile, che piaceva alle donne, dotato di una
non chalance davvero proverbiale.
E questo stile Lele lo ha trasferito anche nel lavoro, così da trasformare la sua bottega in
un punto di incontro, dove , con maestria e intelligenza, sa destreggiarsi alla grande,
suggerendo, spiegando, senza mai dare l’impressione di essere invasivo o untuoso.
Insomma il Ricato è di un altro pianeta, rispetto a noi mortali, anche se opportunamente ‘cagnanizzati’.
Vorremmo quasi definirlo un dandy (non è una parolaccia, tutt’altro) : proprio di Lele,
infatti, è l’ironico distacco dalla realtà e il rifiuto nei confronti della mediocrità .
Il suo lavoro, in cui offre da sempre qualità ed eccellenza, lo sta a dimostrare.
Non si può parlare della contrada Frà Giocondo, senza includerlo in un viaggio fra i
protagonisti della storia e delle storie locali.
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lunedì 17 aprile 2017

Porta Frà Giocondo : all'Osteria Toniolo e....le altre storie

Quando il Nuovo Cagnan aveva ripreso il suo faticoso cammino,una bicchierata all'Osteria Toniolo
aveva suggellato la storia del roseo foglio.
Già l'Osteria Toniolo, nata come bottiglieria per il vino da asporto, poi provvidenzialmente gestita da due baldi giovanotti da ormai quindici anni. E Osteria è, accidenti!
A mezzodì una cucina semplice, ma efficace, che sa ispirarsi ai piatti della tradizione, con un pizzico
di creatività che Briciola (il cuoco) sa ben dosare. Tre primi e tre secondi che cambiano ogni giorno,
per dare il giro ai tavoli almeno tre volte.
Qui la gente viene anche da lontano, perchè si sa ciò che si mangia.
E poi la sera, con una cucina sapiente, che rispetta il volgere delle stagioni.
Frà Giocondo è anche e soprattutto questo.
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Ma la contrada era famosa anche per i suoi protagonisti.Non è possibile dimenticare Carlo Calzavara,il sarto che da anni e anni prende le misure ai trevigiani. " Non tutti - commenta-sennò diventavo miliardario!".

Lele Ricato, il fruttivendolo, un po' filosofo e un po' dandy ' (non è una parolaccia!) .

I titolari de La Metalferramenta, che da via S.Agostino hanno spostato l'attività qui, lungo le Mura. Carlo Bernardi,il geometra, anzi il 'nostro geometra', aveva fondato l'azienda con una gentilezza e una signorilità d'altri tempi."Il suo negozio (annotava il Cagnan venticinque anni orsono) è diventato un punto di riferimento per gli amanti dell'hobbistica e della falegnameria.Una specializzazione che aveva saputo 'ricollocare' l'attività nel flusso dei tempi d'oggi.Non era mai mancato l'appoggio simpatico di 'paron'Carlo al vecchio roseo foglio ".
Oggi Anna,Stefano e Francesco hanno saputo, con intelligenza e competenza, continuarne l'opera,
proseguendo nel solco che unisce tradizione e innovazione


E poi, ecco la 'cagnanata' , a Porta Frà Giocondo vi era un casino in un palazzo. Ma, per questo,
dovrete attendere la puntata sui bordelli trevigiani (quelli veri e quelli combinati dai politici....).

Le Mura di Frà Giocondo a Treviso

Nicola Cendron, in TREVISOTODAY, scrive : “Le mura di Treviso, 500 anni di storia. Perchè sono state costruite? Furono costruite 500 anni fa per difendere la città dagli attacchi nemici e oggi sono ancora ben integre malgrado il passare del tempo. Dopo un lungo periodo di abbandono e di degrado sono tornate a risplendere, negli anni 90' (con una lunga serie di restauri), diventando teatro di manifestazioni musicali ed enogastronomiche oltre a mantenere la loro vocazione naturale cioè quella di essere un luogo dedicato alle passeggiate e al jogging. Estate e inverno, sotto le folte e ombrose chiome degli antichi ippocastani. Parliamo di uno dei luoghi simbolo del centro storico di Treviso, ovvero le storiche mura che lo delimitano.Perché venne costruita questa opera così imponente, tra il 1509 e il 1518? La Repubblica di Venezia, sconfitta nella battaglia di Agnadello (14 maggio 1509) dalle truppe francesi della Lega di Cambrai, fu costretta a rinunciare ad espandersi nel resto d'Italia ma soprattutto doveva fortificare le sue più importanti città della terraferma. Tra queste appunto Treviso, un caposaldo che era nel mirino delle forze avverse alla Serenissima. Il progetto e la realizzazione dell'opera fu affidata al frate francescano Giovanni Giocondo da Verona (a cui è dedicato uno dei varchi attualmente esistenti lungo le mura). I lavori di realizzazione durarono nove anni e cambiarono il volto della città: vennero abbattute le mura medioevali e distrutti borghi ed edifici che si trovavano all'esterno della cinta muraria. In quella che è l'attuale periferia esisteva una sterminata spianata priva di case a alberi. Le nuove mura furono costruite a terrapieno, rivestito all'esterno da una spessa muraglia in mattoni, più economico e facile da usare rispetto alla pietra, ma anche più elastico per meglio resistere all'artiglieria. Una volta completate le mura, si diede avvio alle opere idrauliche. Fu deviato il corso del fiume Botteniga in modo da creare attorno alla città un profondo fossato e attraverso il complesso sistema di chiuse ancora visibile sotto il Ponte de Pria, in corrispondenza dell'ingresso del fiume in città, si poté, all'occorrenza, allagare la spianata circostante.
L'attacco delle truppe della Lega di Cambrai arrivò puntualmente nell'estate del 1511 e durò fino ad ottobre. Le opere difensive di Fra Giocondo resistettero e le mura nonostante il lungo assedio non subirono gravi danni. Cessato il pericolo i varchi di accesso alla città, tra il 1514 e il 1515, furono ridotti a tre. Oltre a porta Altinia che ancora oggi si connota come torre difensiva, i podestà di allora, Nicolò Vendramin e Paolo Nani, decisero di ricostruire, proprio per celebrare la vittoria, porta Santi Quaranta e porta San Tommaso con lo stile degli archi trionfali romani. In seguito il terrapieno delle mura fu adibito a pascolo e coltivazione. Solo durante il 1800 le mura presero la funzione attuale di lungo viale alberato dedicato al passeggio mentre i varchi furono trasformati in caselli daziari. Fino agli inizi del 1900 il collegamento tra il centro storico e la periferia era permesso solo attraverso le tre uniche porte. Solo in seguito si provvedette a creare ulteriori varchi che anche attualmente sono normalmente utilizzati per la viabilità.”

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domenica 16 aprile 2017

La storia de Il Nuovo Cagnan (parte terza)

Dal 1948 occorre fare un bel salto temporale per trovare traccia del risorto Cagnan.
Alla corte del mensile 'Pagine Venete', con i bizzarri personaggi della vita culturale veneta che rispondono ai nomi di Franco Batacchi (direttore) e Mirko Trevisanello.



Il foglio rosa ,supplemento mensile a Pagine Venete,fu resuscitato grazie alla carta fornita dalla Cassamarca e fu curato da Trevisanello,poeta,scrittore e giornalista professionista.
Remigio Forcolin restava in sella come direttore onorario.
La stagione di Pagine Venete,
legata ad alcuni progetti di ampio respiro (Treviso Città Europea era lo slogan!),terminò con la rovina finanziaria dei suoi animatori, complici vicende poco chiare di mancati finanziamenti, di leoggeP2
di morte per asfissia  d'indipendenza politica.
 
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Sembrava che la stagione del Cagnan fosse finita.
E,invece, gli spiriti liberi non crepano mai !
Nel settembre del 1993 ( a una anno dalla sospensione  delle pubblicazioni), un colpo di coda di alcuni 'storici collaboratori' faceva resuscitare il roseo foglio,in edizione autonoma.
Il Nuovo Cagnan riprese la voce : sorridente e crudele,beffardo ed ironico,nobile e povero.
Nel dicembre 1983 Treviso si trasferisce in laguna per dirigere 'Venezia7', arriva un giovane direttore,il friulano Mauro Nalato.
L'0almanacco della trevisanità ridiventa 'cattivo,.Molti speciali,molta irriverenza,'carne' ai politici.
Alla direzione giunge il giornalista sanpolese Rolandi Anzanello.
E' una stagione di battaglie civili in cui la trevisanità cessa di essere un qualcosa di melenso,da bottega del rigattiere,in cui si confondono ebrei e samaritani.
Anche questa terza avventura si spegnerà per mancanza di soldi.
A quando il quarto tempo ?






La storia del Cagnan dal dicembre del 1945 (parte seconda)

Poi un mattino del dicembre '45 lo stanco e spoetizzato lettore della Marca,intontito dalla carta stampa e dai simboli politici, indeciso sevotare casa Savoia o Repubblica, sazio di corned-, di comizi quotidiani,trovò nelle edicole il 'Cagnan',un foglio rosa scitto in dialetto e in italiano sulle
quattrio pagine che la carestia di carta imperante gli consentiva, piene di lepidezze,allusioni,barzellette,frustate, episodi di vita cittadina narrati in chiave satirica,personaggi illustrati con tanto di nome e cognome qualifica......
Il fogliaccio rosa che Remigio Forcolin aveva ripreso a dirigere,andò letteralmente a ruba.
Con i numeri immediatamente successivi il settimanale divenne un simbolo per i trevigaini,una bandiera,un mezzo di difesa,ma anche di offesa.Insomma un apostolo che esortava i 'fregati' a non porgere l'altra guancia e che li difendeva egregiamente con quella forza e quel potere che solo la parola, se sapientemente spesa, sa esprimere.
Sopra la testata il motto trevigianao 'mi no vado a combatar', riassumeva,nella sua laconica sfrontatezza, la mentalità e l'anima stessa dei nostri cittadini.
Nessuno si salvava, la nemesi del sabato mattina era attesa  temuta da tutti.In città e provincia
(donde bravi amici corrispondenti mandavano 'ciacole e maldicenzee' comunque sempre ben fondate,
e dove il Cagnan rapidamente si diffuse), da uomini politici e cittadini semplici, da 'borsari neri' e
pescicani,da ex fascisti pentiti (ma non troppo) , patronesse e zelatrici dalla vita (quella diurna però),irreprensibile....
Remigio Forcolin fu querelato un sacco di volte e quasi sempre se la cavò trionfalmente. Poi,come molti giornali galantuomini, il Cganan cessò le pubblicazioni.Senza tarumi, senza la consueta
'pètarade' che accompagna, usualmente l'agonia di una testata.Non aveva più soldi, ecco tutto.....
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sabato 15 aprile 2017

La Storia del Cagnan prima della guerra ( prima parte)

La scapigliatutra trevigiana di quel periodo (parliamo del 1920 o giù di lì), subito dopo la guerra,quando i primi sussulti del fascismo sorgente facevano già prevedere la marcia su Roma, era, come d'altronde accade anche adesso, prettamente provinciale,nel senso cioè di essere condizionata
alla vita di una cittadina di provincia,pronta a reprimere in mille modi  ogni movimento sospetto fin dal primo insorgere. Una scapigliatura, quindi,costretta ad essere casalinga e ambigua : un prezzo, anzi uno scotto pagato per sopravvivere.
Remigio Gorcolin e alcuni amici, fra cui Vianello e Cancian,queste cose le sapevano molto bener,ma fu proprio questa conoscenza delle 'abitudini del nemico' che consentì di varare il loro 'Cagnan', senza il necessario placet dei benpensanti, della borghesia e della nobiltà che imperavano e sottomettevano
intellettualità cultura e arte....

Riuscirono i ' benpensanti' a farlo tacere soltanto anni dopo, complice quel fascismo  al quale s'erano votati anima e corpo, esclusi alcuni rari ostinati dissidentei, allora....
 passati fra guerra e Resistenza.I morti erano comunque sepolti, le case dirute cominciavano,mattone per mattone a essere ricostruite, fiorivano 'balere' in ogni angolo libero dove le 'signorine' facevano affari d'oro con gli alletai delle truppe di occupazione.Qualcuna trovò persino marito,fra le divise 'kaki' d'oltre oceano.Dollari,'am-lire', cigarette and chocolat.
Boogi woogie, contrabbando e mercato nero : la benzina la trovavi dal fruttivendolo,il pane bianco dal fabbro ferraio, pezzi di ricambio per gli scassati automezzi superstiti potevi reperirne a volontà
nelle case coloniche di astuti villici trasformisti al tempo giusto.E fiorivano,ovviamente,anche le testate giornalistiche.Molte duravano pochi giorni, altre, più resistenti,tenevano banco in edicola per mesi.Fiorivano i periodici del turpiloquio, del livore antiproletario, del bacchettonismo più smaccatamente puritano,Parrocchie e partiti duellavano sui giornali senza esclusione di colpi.

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martedì 11 aprile 2017

La Cantina,ovvero l’osteria di Franco a Sant'Isepo


Oggi andare a ombre a Sant’Isepo, non può prescindere da una tappa a La Cantina. In tempi ‘magri’ per le osterie, scomparsa la Trattoria Tocanne, ci si rifocilla nel tempio delle buone ombre,ove
lo splendido sorriso di Alessandra e la vigorosa simpatia di Franco, vi possono donare uno scampolo di tempo non alienato.
Buona la scelta dei vini ( è possibile l’acquisto per asporto), buone le provocazioni ‘cicchettare’ , i tramezzini rigorosamente artigianali e un ‘sorso’ di simpatia che di certo non guasta.
Così come la Trattoria Tocanne aveva funzionato come punto di incontri di amici e associazioni (la classica osteria trevigiana,ove si incrociavano le discussioni e fiorivano le battute), oggi La Cantina
è diventato un luogo del desiderio, un tempio ‘laico’, ove recuperare un senso di umanità forse ormai perduta.

S. Maria del Rovere, ovvero la Bottega dei Ricordi


Se a Sant’Artemio vi erano le Ville dei signori, a S.Maria del Rovere si respirava un’aria più popolare. Lo diciamo così, senza offendere nessuno,forti dei ricordi di un tempo….
Tra mercoledì 1° settembre e sabato 4 del lontano 1920 gli operai metallurgici occupano gli stabilimenti in tutta Italia. Gli occupanti ammontano a più di 400.000.
Paolo Spriano,illustre storico del movimento operaio, annota : “… nel trevigiano si occupa addirittura un’officina di San Mario della Rovere, dove lavorano quaranta operai….”
Il fallimento di quelle giornate aprirà poi la strada alla reazione fascista.
guardiarossa

 Altri tempi , ricordi, come poteva certamente annotare Remigio Forcolin, leggendario
fondatore de ‘Il Cagnan’, che qui, a Santa Maria del Rovere, abitò a lungo.
Come non ricordare poi la storca figura dell’arciprete che nella Treviso degli anni ‘70, si mormorava volesse costruire un’altra chiesa ?
Santa Maria del Rovere, nella nostra memoria è tutto questo insieme di sguardi,di idee,
di spunti.

Ci è giunta la notizia della morte di Flavio Cervi, paron assieme alla moglie Iris del bar alla Veranda, in via Tommaso Salsa, un’oasi dove aveva saputo ricostruire un pezzo della
trevigianità più vera, un tempio del dialogo e della amicizia. Alla Veranda ( gestita da Flavio
fin dal lontano 1980) si incontravano gli sportivi, la associazione degli ex lottatori in primis.
(Flavio infatti aveva esercitato questo sport ). Poi come non ricordare la Società di Birilli la Veranda, i pescatori sportivi, la società ciclistica e il club biancoceleste ‘Eagles Supporters’.
L’incontro, le discussioni, avevano restituito alla Veranda l’antica atmosfera delle osterie
di casa nostra, ove, di fronte ad un’ombra, scomparivano le differenze sociali culturali e
politiche.

Santa Maria della Rovere : una contrada che ha sempre vissuto con forte senso di
appartenenza la propria vita sociale, grazie alle innumerevoli iniziative della Parrocchia,
che è sempre stata un punto di aggregazione, di incontro e di solidarietà.

Un altro luogo storico,impossibile da dimenticare, era il bar da Egidio. Il nostro anfitrione ,
amante dello sport calcistico e della trevigianità, era riuscito a creare un’isola felice e ,
perché no, guduriosa. I panini con la porchetta lunghi un chilometro che ,nel taglio allegro
e gioviale ,trovavano un consumo assai rapido, accompagnavano le buone bevute e
le discussioni interminabili.
E’ difficile restituire con le parole l’atmosfera magica delle osterie di un tempo. Remigio
Forcolin, fondatore del roseo foglio, diceva che : “… tutto sommato ci resta l’allegra certezza
che tutto andrà per il meglio, se sapremo…. riderci su “, come sapevano fare gli avventori di Egidio.
Oggi i suoi figli , Thomas Germano e Deborah, hanno saputo dare continuità alla
storia di famiglia, con il bar Edera, che è diventato un punto di ritrovo e di comunicazione
sincera, quasi a collegarsi con ‘quella’ storia, di quella ‘osteria’, ove Egidio aveva saputo
infondere il meglio delle nostre tradizioni di accogleinza.

E poi ripubblicheremo la storia del generale Tommaso Salsa, che ha dato il nome ad
una Via importante di Santa Maria del Rovere. La penna è quella di Giovanni Comisso, dalla
rivista Treviso,Rassegna del Comune,Primavera 1933, curata da Giuseppe Mazzotti.
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Tutto questo non è acqua.In tempi difficili la luce della memoria può aiutarci a ritrovare il
filo di un cammino nella speranza. Se il Nuovo Cagnan serve anche a questo, ci pare giusto
che esista e prosperi con la Città!

 La Storia
In epoca medievale la zona, inclusa ovviamente nel territorio di Treviso, era conosciuto come colmello di Spineda, toponimo che ricorderebbe una piantagione di arbusti spinosi che supportava la cinta muraria nella difesa della città. Dal punto di vista amministrativo, apparteneva al quartiere Oltrecagnan, mentre da quello ecclesiastico faceva capo alla parrocchia di San Tomaso, nel centro storico (così come i vicini colmelli di Selvana e Sambugole). La Cal Nova (attuale Pontebbana) separava Spineda dai colmelli di San Bartolomeo, Le Corti e Fontane (da sud a nord). Si trattava ancora di una zona rurale scarsamente popolata.
Con l'avvento della Serenissima avviene una riorganizzazione amministrativa: viene istituita la podesteria di Treviso suddivisa in nuovi quartieri e Spineda viene assegnata alla Zosagna di Sopra.
Nel Cinquecento, tutta l'area tra la Cal di Breda e Porta San Tomaso viene adibita a zona di addestramento per la cernida, la milizia territoriale veneta: è la cosiddetta Spianata, toponimo che ha poi affiancato in documenti e mappe il preesistente Spineda; con il tempo, tuttavia, questa vasta area venne progressivamente ridimensionata[3]. Già nel Seicento parte del territorio è assegnato ad alcune famiglie del patriziato veneziano e, di conseguenza, si sviluppano i primi importanti insediamenti, distribuiti principalmente lungo il Limbraga e le attuali vie Acquette, Cal di Breda e della Madonnetta. Sotto Napoleone il luogo è ancora in uso (campo di Marte), così come sotto gli Austriaci e dopo l'Unità d'Italia (piazza d'armi) ma si ridusse rapidamente fino a scomparire con l'espansione urbana del Novecento[2][3].
Il vero boom urbanistico del quartiere si verifica però nel Novecento con la costruzione della caserma "Salsa" (1915), oggi dismessa, e con i piani di edilizia popolare attuati durante il Ventennio e negli anni sessanta-settanta.


domenica 9 aprile 2017

Sant’Isepo, il Moncin,via delle Muneghe : viaggio nelle storie di casa nostra




Una volta, quando non si sfrecciava a velocità sostenuta lungo la Noalese, la zona del Moncin,dopo Sant’Isepo ma in Sant’Isepo aveva una suo fascino particolare. Sarà per v ia di quel nome (la voce popolare
riferisce l’esistenza di un convento di monache di clausura giusto ove oggi è sito l’aeroporto e , a dire il vero,tracce di questo storia sono rinvenibili anche nel nome di una via delle Muneghe), sarà
perché nel raggio di pochi metri si consumavano le storie di due osterie, ma ‘quella contrada’ ha sempre esercitato nelle nostre menti un richiamo affettivo.
Il Moncin svolgeva sicuramente una antica funzione di osteria,punto di approdo delle diligenze e dei viaggiatori provenienti da Padova. L’antica insegna del Moncin riportava la data del 1914 : a quell’epoca rislagono infatti le notizie delle prime licenze. Ad una maniscalco era subentrato un forno a legno gestito dalla famiglia Sartor : il testimone dell’attività passò poi alla famiglia Girotto nel 1960.
La storia del Moncin è legata invece alla storia della famiglia Zorzi. I genitori di Renato Zorzi avevano saputo imprimere alla storia del locale una firma indelebile. Una cucina sapiente,perfettamente allineata con le nostre migliori tradizioni, ha giustamente consegnato i loro nomi alla storia del costume di Treviso.
Il Moncin,dopo alcune parentesi e ‘sfarfallamenti’ in territori non suoi,è ritornato a nuova vita grazie a Nicola, l’attuale ‘capo’. Chef solido, di ottima formazione e studi professionali, Nicola ha ulteriormente imparato l’arte
in molti locali top, così da affinare le proprie esperienze. Quando ha deciso il grande ‘salto’, ha voluto impegnarsi per restituire al locale la dignità culturale che gli è sempre stata propria.
Un tempio unico del buon gusto , con piatti ispirati alle nostre tradizioni, semplici e creativi al tempo stesso.
Noi de ‘Il Nuovo Cagnan’, non ci accontentiamo delle chiacchiere.Abbiamo visitato il Moncin in un giorno qualsiasi, di un mezzodì qualsiasi, per degustare il menù del giorno.
Forse qualcuno si chiederà : ma per uno chef come Nicola,interpretare un menù di lavoro a prezzo fisso non costituisce quasi una ‘menomazione’ professionale ?
La risposta è nella qualità delle proposte : tre primi e tre secondi, con materie prime eccellenti ed una cucina davvero efficace. I ‘grandi’ si vedono dalle piccole cose.
E , qui al Moncin, in Sant’Isepo, tutto va bene. Parola anche di Palato Anarchico, alias Giuseppe Gaspari, giornalista e blogger di profilo nazionale che con noi ha avuto il piacere di assaggiare la cucina di Nicola.

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La Festa di Sant'Isepo a Treviso

Anche se cadeva due giorni esatti prima dell’inizio ufficiale della primavera,la festa di Sant’Isepo
era per i trevigiani l’uscita dall’inverno : si ‘imprimavano’ i vestiti nuovi, si cominciava a rimettere in naftalina , con al roba pesante,lo stesso inverno. Anche se (cosa comunque, a mio ricordo,improbabile),avesse piovuto, quel giorno nulla al mondo avrebbe impedito alla gente della città e dei dintorni di farsi la scampagnata della sagra.19 marzo : san Giuseppe.
Sui calendari,nelle pagine dei diari scolastici,era giornata di precetto assoluto : chiuse botteghe,uffici e scuole. Cominciava dopo il mezzogiorno l’esodo verso la frazione che ci pareva lontana, come terra straniera.
Non c’erano autobus, allora e nemmeno il tram. Si andava a piedi,oppure, in carrozza : rare le macchine dei ‘siori’ per la strada polverosa. Il cavalcavia e l’asfalto erano ancora di là da venire.
La sagra, a parte i consueti banchetti di giocattoli,palloncini, fischietti, trombette e altro, e quelli delle frittole, dei ‘ciucci’ e delle tiramolle,non era poi granchè.
Ma ci ci accontentava, magari mangiando i finocchi che la Emma vendeva assieme ai bagigi : ‘bagigi e fenoci’.Per poche lire si era beati….
Poi il tempo passò : il santo dei marangoni è stato, si deve dire,politicizzato e andare alla sagra non è più di moda. Già in quel 1935 ancor prima che i pruriti imperiali solleticassero i nostri ‘capi’,di parlava del campo d’aviassion,che era poi l’attuale aeroporto. Un vastissimo prato,un hangar,una manica nel vento,due aeroplani uno dei quali (credo fosse costato ventimialire !!), era proprietà della famiglia Appiani.
Tre anni dopo, il 4 Novembre,nel ventennale della Vittoria,quel velivolo dopo essere atterrato sulle Grave del Piave illuminato, si incendiava in seguito ad una collisione con l’altro aereo in dotazione della RUNA (non c’era l’aeroclub), su quello stesso campo ‘de Sant’Isepo’.
Anche Appiani morì bruciato come quel camerata e corsero voci su una presunta volontarietà del noto ceramista a provocare l’incidente per via di sospetti, fondati o meno, su una tresca della bellissima moglie con il Bozzoli…..
Sagra di Sant’Isepo.
Il vino correva a litri per le tavolate di gente pacificamente allegra. Si salutava la primavera e si ringraziava, con l’aiuto del prete e del campanaro, la divina provvidenza. Esultavano anche i vecchietti della casa dei cronici’,infernale gerontocomio dove veniva messo a morire chi aveva il torto di ivecchiare senza arricchire.
Quei vecchetti potevano uscire solo al sabato e gran parte di essi andava in giro a chiedere l’elemosina che quasi nessuno si sognava di negargli.
Perchè nel cronicario-lager la fame era tanta. Poveri vecchi! La casa passava loro una divisa con il berrettino e visiera : l’uniforme dello sparuto esercito della miseria.
Si ubriacavano con estrema facilità : euforici alla prima ombra, già cotti alla terza.
Sempre per via della fame, anch’essa cronica.
San Giuseppe non è più ‘campagna’, ora. Prosegue, dopo lo storico campo nafta (Eden) e il cavalcavia, la città come una appendice più chiara : villette,case civettuole,benessere e……..

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La rete dei borghi europei del gusto interviene nel 2017 per riattivare il progetto di rinascita del 'roseo foglio', Il Nuovo Cagnan.

QUELLI DEL CAGNAN…..

Iniziativa di informazione Patrocinata e Sostenuta
dalla Rete dei Borghi Europei del Gusto


Il progetto prevede :

- l’editorializzazione del roseo foglio a cadenza mensile, in distribuzione gratuita nei
borghi e nelle contrade storiche di Treviso, con la riproposizione di testi e immagini curati
da giornalisti scrittori e comunicatori di un tempo e interviste con i protagonisti di oggi ;

- la realizzazione di n. 20 trasmissioni multimediali di 30’ cadauna, a cura della redazione
di Borghi d’Europa (Sky 901,La9 Italia ch 76, e web), con la pubblicazione delle interviste
e delle storie ;

- la realizzazione di incontri a filò nelle Osterie e nei Locali, per raccontare le storie
‘altre’ di Treviso ;

- la realizzazione per fine anno di una trilogia di libri ( Essere di Marca, Quelli del
Cagnan, La Cultura e l’Arte a Treviso), curati dal giornalista e scrittore Giampaolo Zorzo.

Borghi d’Europa , Trasmissione Multimediale in onda ogni settimana
Sky Ch 901 La9 Italia Ch 76 Web : i borghi del gusto (youtube)
Altri canali web : Gustosette (Youtube) con trasmissione Gustosette e Abitare per Vivere
Gustoitalia2013 (Y outube) con trasmissione Grandi Storie di Piccoli Borghi