sabato 30 settembre 2017

Giovanni Comisso











Giovanni Comisso è nato a Treviso il 3 ottobre 1895.
Ha compiuto studi classici e si è laureato in legge a Siena.
Ha partecipato alla prima guerra mondiale e, nel 1920-21, all’impresa di Fiume.
Libraio a Milano e commerciante d’arte a Parigi, ebbe un lungo sodalizio con il pittore De Pisis e con lo scultore Arturo Martini.
Affermato scrittore e giornalista, ha viaggiato in Italia e all’estero come inviato speciale, raccogliendo in volume le sue esperienze: quelle parigine in Questa è Parigi, quelle dell’estremo oriente in Cina-Giappone, Donne gentili, Amori d’oriente, quelle italiane in Un italiano errante per l’Italia, La Favorita, La Sicilia; quelle dei vari paesi europei in Viaggi felici, Approdo in Grecia.
Ha collaborato alle riviste “Solaria”, “L’Italiano”; al settimanale “Il Mondo” e ai quotidiani “Corriere della Sera”, “Il Giorno” e “Il Gazzettino”.
Nel 1932, con i guadagni delle corrispondenze dall’Oriente, acquistò una casa in campagna a Zero Branco.
Vi trascorse lunghi periodi.
Nel 1944, perduta per un bombardamento aereo la casa di Treviso, vendette la casa di campagna per acquistarne una nuova nella città.
È morto a Treviso il 21 Gennaio 1969.
Ha vinto il premio Bagutta 1928 per Gente di mare; il Viareggio 1952 per Capricci italiani; lo Strega 1955 per Un gatto attraversa la strada; il Puccini-Senigallia 1967 con Viaggi felici.

La voce Giovanni Comisso in Wikipedia

Bibliografia essenziale

  • Al sud, Neri Pozza, 1996, a cura di Nico Naldini.
  • Amori d’oriente, Milano, Longanesi, 1947.
  • Approdo in Grecia, Bari, Leonardo Da Vinci, 1954.
  • Avventure terrene, Milano, Treves, 1935 .
  • Capricci italiani, Firenze, Vallecchi, 1952.
  • Capriccio e illusione, Milano, Mondadori, 1947.
  • Cina-Giappone, Milano, Treves, 1932.
  • Cribol, Milano, Longanesi, 1964.
  • Felicità dopo la noia, Milano, Mondadori, 1940.
  • Gente di mare, Milano, Treves, 1929.
  • Giorni di guerra, Milano, Mondadori, 1930.
  • Gioventù che muore, Milano, Milano-Sera, 1949.
  • I due compagni, Milano, Mondadori, 1936.
  • I sentimenti nell’arte, Venezia, Il Tridente, 1945.
  • Il delitto di Fausto Diamante, Milano, Ceschina, 1933.
  • Il porto dell’amore, Treviso, Vianello, 1924.
  • L’italiano errante per l’Italia, Firenze, Parenti, 1937.
  • La donna del lago, Milano, Longanesi, 1962.
  • La mia casa di campagna, Milano, Longanesi, 1958.
  • La Sicilia, Ginevra, Cailler, 1953.
  • Le mie stagioni, Treviso, ed. di Treviso, 1951
  • Mio sodalizio con De Pisis, Milano, Garzanti, 1954.
  • Opere, Mondadori, 2002 a cura di Rolando Damiani e Nico Naldini.
  • Poesie, Treviso, Longo e Zoppelli, 1916.
  • Questa è Parigi, Milano, Ceschina, 1931.
  • Satire italiane, Milano Longanesi, 1960
  • Storia di un patrimonio, Milano, Treves, 1933.
  • Un gatto attraversa la strada, Milano, Mondadori, 1954.
  • Un inganno d’amore, Milano, Mondadori, 1942.
  • Veneto felice, Longanesi 1984, a cura di Nico Naldini.
  • Viaggi felici, Milano, Garzanti, 1949.
Bibliografia completa pubblicata in Wikipedia


Comisso e Alfredo Beltrame


Comisso a tavola assieme ad Alfredo Beltrame in occasione del Festival della Cucina Trevigiana. Siamo ad ottobre 1959 al ristorante “Toula”. Sul tavolo, alla sinistra di Comisso, si distingue il pieghevole edito per l’occasione che propagandava l’iniziativa. Foto di proprietà di Ezio Pavanello Comisso

LOCANDA “LA COLONNA” DI TREVISO


E’ situata in pieno centro storico di Treviso, in Piazza Rinaldi, perché vi trovava spazio il postiglione del conte Rinaldi (450 anni fa).
Osteria tipica, offriva ai propri ospiti una vasta scelta di pietanze sia tipiche  locali che internazionali, facendo del servizio e della qualità dei prodotti, il proprio fiore all’occhiello.
La locanda, con un secolo di vita, era disposta su due piani e aveva al centro dell’ambiente, al piano terra, una caratteristica colonna che le dava il nome. Era caratterizzata da un sottogronda con una elegante loggetta del ‘400 e dal pozzo interno dell’abitazione. Venne definita da Novello “la più bella osteria d’Italia”. Fu ritrovo degli artisti trevigiani, da Arturo Martini a Gino Rossi.
L’ultimo gestore della “Colonna” è stato Nino Ziliotto che serviva il “clinton” in scodella che scaldava il cuore, specialmente d’inverno. Dopo la sua  gestione  non si può più parlare di locale tradizionale perché essa non è stata più una locanda ma è diventata  dapprima un ristorante e poi ha chiuso. Attualmente resiste, in un locale attiguo, con una vista meravigliosa sul Ponte di San Francesco un locale che si chiama “Odeon alla Colonna” che vorrebbe rinverdirne i fasti passati.
Franco Caramanti
(dal sito del Premio Comisso)

Le Fiere di San Luca, dall'8 al 23 ottobre


(http://www.parcosile.it/pagina.php?id=17)

Treviso: in ottobre la città ospita un grande luna park per due settimane di divertimento che culmineranno nel giorno di S. Luca (18 ottobre). La fiera risale al X secolo anche se si è svolta regolarmente solo dal 1205. Era l'avvenimento annuale più solenne e festoso della città: si trattava infatti di una esposizione campionaria che interessava tutta l'Italia Nord Orientale, tanto che speciali banditori venivano inviati in ogni città del Triveneto, in Lombardia e in Emilia Romagna. Originariamente si svolgeva in settembre ed era chiamata di S. Michele di Melma, in omaggio alla località dov'era nata; cambiò data e luogo quando il Comune Trevigiano volle onorare con questa festa un suo conterraneo asceso al soglio pontificio sotto il nome di Benedetto XI.
Oggi le attività legate agli scambi commerciali non esiste più, ma rimane un'occasione per la degustazione del vino novello e per gustare le specialità della stagione ("folpi", marroni, oca arrosta con il sedano, croccante etc.) e per divertire adulti e bambini.
Per gli abitanti di Sant'Ambrogio di Fiera, nell'immediata periferia di Treviso, vicino al Fiume Sile, le Fiere di San Luca sono un avvenimento estremamente naturale che fa parte, si può dire, della loro stessa vita. La storia di Fiera si intreccia da sempre con quella delle Fiere: non sarebbe possibile immaginare l'una senza le altre. L'evidente confusione causata dall'afflusso di moltissima gente che ogni anno esse portano con sé, forse recano un certo disagio a coloro che abitano attorno al grande Prato o nelle sue vicinanze. Ma quelle persone sanno bene che le Fiere sono inevitabili; si rendono conto, più o meno consapevolmente, che esse costituiscono un patrimonio storico e di costume a cui non si può rinunciare. Quindi, ad ogni inizio di ottobre, all'affacciarsi delle prime nebbie autunnali, si dispongono ad accoglierle con serena rassegnazione.
Attualmente le Fiere di S. Luca si presentano come una sagra grandiosa, ricca di attrazioni per bambini e adulti. Ma nei primi secoli della loro storia, cioè nel Medioevo, il loro aspetto e la loro importanza erano ben diversi. Infatti esse erano essenzialmente un mercato, un grande e famoso mercato annuale, dove venditori e acquirenti, di paesi anche lontani, si incontravano per lo scambio di prodotti d'ogni genere.
L'origine della fiera, come istituzione commerciale, è molto remota. L'uso di tenere fiere e mercati era conosciuto anche dai Romani, dai Greci e da altri popoli più antichi ancora. Fu però nel Medioevo che la fiera raggiunse una grandissima importanza. La sua affermazione e la sua rapida diffusione in molte regioni d'Italia e di altri paesi europei furono determinate da quella generale ripresa che si verificò nel mondo occidentale dopo l'anno Mille. Il grande valore storico della fiera sta nel fatto che essa favorì il passaggio dall'economia chiusa, tipica della società feudale, alla nuova economia cittadina, aperta ai liberi scambi fra commercianti di località vicine e lontane.

La fiera si teneva nei luoghi più importanti della città, generalmente presso chiese o santuari; si svolgeva in coincidenza con particolari festività religiose e spesso durava molti giorni. Era quindi inevitabile che essa superasse il carattere puramente economico, per assumere l'aspetto di una grande festa popolare. In questo importante avvenimento, che aveva per lo più scadenza annuale, convergevano dunque interessi economici e aspetti religiosi e folcloristici della vita del popolo. Grazie alla sua notevole importanza, che si traduceva anche in cospicue entrate per le casse dell'amministrazione pubblica, la fiera incontrava il favore e la protezione di chi deteneva il potere. Norme e statuti speciali venivano emanati per garantire la sicurezza di tutti coloro che vi volevano partecipare, per regolare il comportamento dei commercianti e la vendita delle merci e per risolvere rapidamente, nel luogo stesso della fiera, le controversie o le liti che inevitabilmente sorgevano.

Come le fiere di molte città dell'Italia settentrionale, anche quella di Treviso, favorita dal luogo particolarmente felice, raggiunse una dimensione di grande rilievo. Secondo alcuni studiosi, primo fra tutti il Marchesan, essa esisteva ancor prima del Mille e si teneva in riva al Sile, presso il porto della città. Con quale frequenza si svolgesse, quali fossero le sue caratteristiche e la sua durata in quell'epoca lontana non è possibile saperlo. Appena un cenno è contenuto nel primo documento che ne testimonia l'esistenza. Si tratta di un diploma di Berengario I, re d'Italia, redatto a Verona, nella chiesa di S. Zeno, il 9 gennaio del 905. Con questo diploma il Re concedeva al Vescovo di Treviso, Adalberto, parecchi diritti, tra cui due terzi delle imposte che gli spettavano sul "mercato del Porto Trevigiano". Con tale concessione il Vescovo entrava in possesso dell'intero beneficio sulla Fiera, perchè l'altro terzo delle imposte era già stato ceduto alla Chiesa trevigiana dai predecessori di Berengario.