Piazza del Grano, una lunga storia
Non avremmo mai immaginato che, con tutti i problemi che esistono, si dovesse affrontare il tema riguardante la «storicità» o meno della Piazza del Grano, dedicata nel 1945 alla nobile figura di Giacomo Matteotti. Poiché si sta mettendo in dubbio se essa possa essere considerata sia «piazza» che «storica» abbiamo rivisto i testi ed i documenti di storia trevigiana trovando notizie interessanti. Per motivi di spazio citiamo tra parentesi solo i nomi degli autori. Lo spazio occupato da questa «cosa» è il risultato della demolizione del borgo esterno alle mura trecentesche, la spianata, eseguita dalla Repubblica di Venezia nel 1508 a causa della guerra contro la Lega di Cambrai; al posto di quelle mura fu realizzato un terrapieno demolendo anche edifici posti verso la città -parte del convento di S.Caterina e l'abside della Madonna Grande-. (Michieli) Bartolomeo D'Alviano decise poi di spostare il tracciato delle Mura a nord, nella posizione attuale, fece spostare il terrapieno e poterono essere ricostruiti gli edifici sulle stesse aree che occupavano quelli demoliti. Rimase una vasta area libera che essendo immediatamente a contatto con una delle tre porte d'ingresso in città fu occupata da uno dei mercati. (Burchelati, Sernagiotto). Nel 1601 il Podestà ordina di spostare il mercato del fieno (che si svolgeva davanti alla chiesa di S.Bartomeo) «nel fondo vacuo appresso la Madonnetta» e nel 1645 il Senato Veneziano concede l'intera area per «un mercato franco» mensile «di tutte le merci». (Netto). Nel Catasto Napoleonico (1812) l'area è ancora indicata in parte come ortaglia ma già nella pianta del Salomon del 1824 appare sistemata interamente e si chiama"Piazza del Mercato Nuovo». Possono esistere dubbi che il Mercato sia li da 400 anni e che da 180 quel luogo sia chiamato «Piazza"? E questi periodi non sono sufficienti a considerarlo «storico"? Se non basta bisogna ricordare che è stata la prima e l'unica Piazza posta al di fuori del tracciato delle mura trecentesche perché soltanto più tardi, mediante alcune demolizioni, si riusci a farne un'altra (l'attuale piazza della Vittoria) e soltanto le demolizioni causate dai bombardamenti della prima e della seconda guerra mondiale permisero di ottenerne altre. Ha ben ragione la Soprintendenza a volerla tutelare evitando inserimenti impropri ed hanno ben ragione i 2500 trevigiani a non volere stravolgimenti del tessuto storico della Piazza e della città- Ora il termine piazza si spreca; abbiamo addirittura un Largo. Diventa Piazza anche l'ex chiostro di S.Parisio che invece dovrebbe conservare il suo nome, come memoria e come immediata comprensione degli antichi percorsi chiostrali coperti ancora leggibili negli archi murati. Sarebbe bello che il progetto di sistemazione che si intende realizzare fosse basato sulla memoria del luogo e quantomeno prevedesse di eliminare l'orrido e ormai inutile corpetto posto sulla facciata della vecchia osteria. Forse si poteva pensare ad alcuni segni sulla pavimentazione che ricordassero l'originario assetto del luogo al posto di quel grande albero che si legge nei disegni. Un grande albero a terra, abbattuto: il progettista ha forse, inconsciamente, pensato ad un monumento alla memoria dei tanti alberi tagliati in questi anni?Umberto Zandigiacomi, Italia Nostra Treviso
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