giovedì 25 agosto 2022

Le Rotte del Cagnan - Via Frà Giocondo e le Mura

 Via Frà Giocondo


Via Frà Giocondo è la seconda laterale destra di via Canova, raggiunge varco Santa Bona.

L'area fu compresa all'interno delle mura solo a partire dal Trecento ed ebbe nel tempo numerose denominazioni: borgo di Santa Bona, Conegliano Novello (dal 1184 al 1214, v. varco Santa Bona), borgo al Loco (dopo il 1512), borgo delle Orsoline (dopo il 1611, v. via Orsoline).

L'antico nome borgo Alloco, confermato dalle delibere del 1883, è di difficile interpretazione. Secondo Matteo Sernagiotto deriva da ad locum ("al luogo"), sottintendendo la presenza di postriboli. Altri lo rimandano a lucco, una ricca veste di panno o damasco indossata da nobili e funzionari, nonché dai tanti Fiorentini che si erano trasferiti a Treviso nel Trecento. Una terza ipotesi lo lega semplicemente all'allocco, rapace notturno. Infine, c'è chi lo avvicina sempre al latino locus ma nell'accezione di "sepolcro" in quanto nella zona è documentata l'esistenza una stele funeraria di epoca romana, oggi dispersa.

Nel 1911 cambiò toponimo in onore di frà Giocondo da Verona (1434 ca. - 1515 ca.), progettista dell'attuale cinta muraria.




Le mura di Fra Giocondo con i placidi ippocastani

Di Giovanni Comisso


Nel fatale eterno ritorno delle guerre, Treviso ha un fortunato destino di campo trincerato non utilizzabile. Al tempo della guerra tra Venezia e i collegati di Cambrai, mentre si guerreggiata ai margini dei possedimenti di terraferma della Repubblica, Fra Giocondo tracciò le fortificazioni della città di Treviso diramando i due fiumi Cagnan Sile intorno alle mura da lui stesso ideato. Ma la guerra si concluse senza che si dovesse subire alcun assedio. Le belle mura adorne di due porte scolpite di leoni di santi furono paragonate, forse da qualche abato letterato, ha un anello con due gemme. Sopra a queste mura furono piantati degli ippocastani e si tramutarono in una placida passeggiata da cui il cittadino nelle ore di ufficio chiuso va a respirare un po’ di buona aria che viene dai monti.

  •  Porta Fra Giocondo (foto di Appo92, Wikimedia Commons)

  •  Porta San Tomaso (foto di Appo92, Wikimedia Commons)

Durante l’altra guerra, quando gli austriaci erano arrivati al Piave, appena quindici km dalla città, il comando supremo decise un vasto campo trincerato che appoggiandosi alla massa dei sobborghi e delle acque che qui si uniscono avrebbe dovuto fermare il nemico se fosse riuscito a valicare Il Piave, ma la guerra terminò sul Grappa, sul Montello e sul Piave senza che questo campo trincerato fosse messo in opera. Durante questa guerra i tedeschi, mentre si combatteva sulla linea gotica decisero di trasformare la città quasi ridotta a un cumulo di macerie dai bombardamenti alleati, in una posizione…

  •  foto di Slavin

  •  foto di Slavin

  •  foto di Slavin – CC BY 2.0

  •  foto di Appo92 – CC BY-SA 3.0

  •  foto di Appo92

Le Mura di Treviso

E si vide, curiosamente, le vecchie mura ideate da Fra Giocondo nel cinquecento per la guerra di Cambrai ritornare utili per una guerra di questi tempi. Vi praticarono cunicoli, demolirono i ponti, delle varie porte, e oltre i sobborghi scavarono un fosso anticarro tutto in giro con massicci sbarramenti in cemento nei passaggi stradali rafforzati da trincee. Stupiva vedere quei fossi, quelle trincee, quelle mura cinquecentesche calcolate come ostacoli ai pesanti carri armati di questi giorni, addolorava pensare che la città semidistrutta sarebbe forse stata cancellata fino nelle sue fondamenta da una lotta massacrante. E faceva anche ridere per certi particolari aspetti di questa posizione istrice: ricordo una mattina una impettito ufficiale germanico fermare la autoblinda e scendere a ispezionare i lavori in un sobborgo, subito dopo il fosso anticarro vi era una casa con frutteto e qui era stata scavata una trincea giudicando come mascheramento su una decina di piccoli meli. Talmente esili che una leggera mitragliata sarebbero svaniti. Pensavo a un rammollimento della strategia germanica ed era una certezza della prossima fine.

 Treviso – Corso del Popolo (Cartolina, CC PDM 1.0)

Anche questa guerra terminò senza che Treviso dovesse diventare campo di lotta e speriamo che nel futuro almeno per questo le sia dato di mantenere questa tradizione. Non lo è invece i bombardamenti aerei. Nell’altra guerra e in questa, la città fu considerata come un importante obiettivo per causa della vasta rete ferroviaria che qui Incrocia rasentando per tre lati il rettangolo della città. Nel nuovo piano del regolatore con l’incoscienza dei giovani non si è tenuto conto di questa situazione, che se dovesse ripetersi un’altra guerra, purtroppo per prevedibile data l’oscura saggezza degli uomini, la città sarà di nuovo bellamente bombardata. Se non è possibile allontanare la stazione, almeno avrebbero dovuto studiare di raccordare le linee e di allontanare in uno modo da non quasi cingere la città come lo è tuttora. Questo piano ha tuttavia i suoi pregi sia nel voler eliminare il grande traffico automobilistico dalla periferia raccordandolo attorno ai sobborghi è ancora all’interno della città verranno messe in valore molte zone che prima erano abbandonate e che sono le più belle per essere vicine alle chiare acque del fiume Sile e Cagnan. Però ossessionati da un facile ottimismo in un futuro grande afflusso automobilistico nell’interno della città hanno anche ideato raccordi interni di nuovi strade che con tutta probabilità rimarranno squallidamente deserte e per farle

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si demoliranno case che miracolosamente è sono rimasti in piedi e si costringeranno a espropriazioni irrisorie i proprietari di aree già danneggiati dalle distruzioni delle loro case che da anni non danno più un soldo di reddito.

 Ponte sul Piave a Vidor

Uguale sorte a quella di Treviso, bombardata nelle due guerre ultime è toccata al Ponte di Vidor sul Piave che congiunge Treviso al vago paese di Valdobbiadene alla base delle prealpi. Questo ponte dal qu

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ale si gode uno dei più variati paesaggi del mondo fu fatto saltare dalle nostre truppe nella ritirata del 1917. E la grande distruzione fu fatta da bombardieri alleati nel 1944. In questi giorni il ponte è stato ricostruito a da esso si ritorna ad ammirare le colline verso Asolo boscose alternate di luce e ombra come in un quadro di Giorgione o di Bassano, lo scenario delle montagne che si aprono verso Quero per lasciare passare il Piave, le colline ricche di vigneti verso Valdobbiadene, e tutta l’ampia distesa di ghiaia e di acque che s’incurva contro il rialto dolce del Montello. Panorama che D’Annunzio tramutò in uno dei suoi scritti di guerra figurando il Piave come una collana al collo della patria è il Montello come una sua mammella.

Giovanni Comisso





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