Via Palestro a Treviso, collega piazza Ancilotto a via Martiri della Libertà.
Il toponimo odierno, già assegnato anche a piazza Ancilotto, è del 1883 e rimanda alla celebre battaglia di Palestro (1859). Prima ebbe varie altre denominazioni: nel Trecento era la contrada Hostarie de Cruce e, più tardi, Contrada delle Ostarie dalle tante osterie che vi si trovavano; poi fu nota come contrada del Moretto, del Cavallino e dei Due Mori dal nome di una trattoria ; venne inoltre indicata come contrada dei Tripperi (dalle tante rivendite di trippa - siamo nella zona delle Beccherie, v. piazza Ancilotto), del Teatro Dolfin (v. via Teatro Dolfin), del Molinetto (v. via Molinetto).
La Contrada del Cavallino di Mirko Trevisanello
“ Mi affascinava fin da quando ero bambino, quella striscia di pietra,incastonata fra i mattoni nudi,con su scitto il none della 'contrada'. Compitavo felice, forte degli insegnamenti di suor Nicefora,mia maestra di prima elementare,quel 'contrada' del Cavallino e, chissà mai per quale nistero, l'associavo alla bottega dei 'bandeta', che sulla via Palestro apriva una scura porta e ancor più scure,fuligginose inferriate coperte da fitta rete.
'Bandeta' vuol dire lattoniere nel dialetto trevisano,ma chi si sarebbe mai sognato di chiamare così Bepi o Angelo ?
Tanto più che accanto alla porta,sulla targhetta di marmo, era scritto proprio così : Angelo Dal Molin,bandaio.
Incudine,lastre di latte,forgia,martelli di ferro e di legno.... Mi affascinava l'improvviso divampare di braci al soffiare del mantice,mi affascinava la grossa lampada a benzina,lucida di ottone , alla cui fiamma sovente venivano immolate a milioni,le uova delle cimici allegramente proliferanti nelle brande di molte case all'ingiro.
Sicchè Bepi, socio di Angelo,quando lo incontravo per via con l'immancabile 'popolare' fra le labbra e l'ancor più immancabile lampada in mano, assumeva ai miei occhi simultaneamente l'aspetto di un guerriero, di un paladino e anche di un boia, delle cimici.
Là di fronte la casa romanica ancora ricoperta di intonaco ignobile,era adibita a bottega di vetri,cristalli e specchi.Di fianco ad essa apriva i suoi battenti
l'antica meravigliosa osteria del 'Corder',sempre piena di voci e odori com e di vecchie botti, con le panche sempre occupate da vagabondi sereni di sazietà ed ebberzza acquisite a buon mercato.
Di fronte,oltre la via, c'era l'osteria da Gildo ed i miei pochi anni già fremevano d'incredibile amore
per la bionda Cicci che aveva due anni più di me.
Poi i tempi si succedettero sereni e tristi,carichi di pacate gioie subito seguite da follie e mostruosità.La bottega 'de' veri' chiuse per restauri e le martelline dei muratori,grattato via l'ignobile intonaco, recuperarono una splendida facciata romanica,il 'Corder' chiusei battenti,
al posto della trattoria da Gildo fu aperto un elegante negoziodi pentolame costoso.
Morirono a pochi anni di distanza l'uno dall'altro Bepi e Angelo, i 'bandeta' della bottega fumosa....
Le case, le cose, gli uomini,i fatti, tutto o quasi ha ormai abolito l'inesorabile macina del tempo.
Eppure....”