mercoledì 30 gennaio 2013

Spiriti inquieti,Spiriti Liberi : Maccari,il Selvaggio e Treviso

Spiriti inquieti,Spiriti Liberi : Maccari, il Selvaggio e Treviso

Il Selvaggio è una rivista ideata da Angiolo Bencini, un ex-ufficiale e vinaio, ras di Poggibonsi, che ne inizia la pubblicazione a Colle Val d'Elsa, in provincia di Siena il 13 luglio 1924.
La rivista esce dopo due anni dalla marcia su Roma e dopo un mese dall'assassinio di Matteotti e riporta sotto la testata del primo numero la qualifica di Battagliero fascista.
Mino Maccari, giovane laureato in legge e già esperto xilografo e incisore ne diventa il redattore e in seguito direttore.
Dal 1924 al 1925 Il Selvaggio presenta caratteri chiaramente squadristi, agrari e bastonatori come si può leggere sul numero del 12 ottobre 1924 nell'editoriale Botte ai liberali, o sul numero del 9 novembre 39 milioni di legnate e ancora sul numero del 18 maggio 1925 Selvaggia provincia svegliati!.
Nel 1926 la rivista viene assunta da Maccari e cambiano molte cose. La crisi Matteotti era intanto stata superata e il Duce aveva dato, alla Mostra del Novecento, la parola d'ordine di "normalizzare la vita pubblica".
Stralcio da Addio al passato
Gli episodi politici o pseudopolitici, i loro sviluppi e le loro vicende, non ci interessano più (...). Noi sentiamo bene che oggi non è permesso a chiunque fare della politica. Col fascismo, la politica è arte di Governo, non di partito (...).
Non c'è che l'arte. L'arte è l'espressione suprema dell'intelligenza di una stirpe. Una rivoluzione è anzitutto e soprattutto un atteggiamento e un orientamento dell'intelligenza. Dunque dalla produzione artistica noi avremo l'indice del valore d'una rivoluzione. Il discorso del Duce alla Mostra del Novecento conferma tale concetto: esso ha pesato in modo decisivo sulla crisi del Selvaggio, il cui atteggiamento aveva già tutti i caratteri d'una manifestazione artistica; sicché nessun potrà meravigliarsi dell'avere il Selvaggio chiuso il suo periodo squadristico ed eletto a compito d'una sua nuova vita la coltivazione dell'arte.
In questo modo, dopo numerosi contrasti, escono dal gioco politico e sarà il Maccari stesso a pubblicare, nell'articolo di fondo intitolato "Addio al passato" il nuovo indirizzo del Selvaggio che non intende più essere l'esempio di un fascismo agonistico ma una rivista che deve dedicarsi all'arte, alla satira e alla risata politica.
Il Selvaggio avrà una periodo fiorentino, tra il marzo 1926 e il dicembre del 1930, una parentesi torinese tra il 30 gennaio e il 30 dicembre 1931 e un periodo romano dal 31 marzo 1932 al 1943 e da tutte e tre i periodi riuscirà a trarre un intelligente vigore per le sue battaglie che difendono, tra tolleranza e censura, l'autonomia dell'arte e il diritto dell'attività culturale di "ridere" della politica, fatto quest'ultimo che costerà alla rivista numerosi casi di sequestro.
Il Selvaggio tralascia i protagonisti dell'arte di stato come Oppo, Marinetti e Ojetti e punta su veri artisti anche se poco graditi al regime o addirittura sconosciuti. Hanno così spazio sui fogli de "Il Selvaggio" artisti come Giorgio Morandi, Luigi Spazzapan, Renato Guttuso, Orfeo Tamburi e tra i narratori, Arrigo Benedetti, Aldo Buzzi, Mario Tobino, Romano Bilenchi, Luigi Bartolini, Elsa Morante e Guglielmo Petroni. La rivista non dispensa inoltre gli attacchi contro i firmatari della Protesta Croce, l'antisemitismo di Ardengo Soffici e la polemica contro i redattori di Solaria.

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