C'era un solo ponte ad unire la pescheria alla 'terraferma'. Ne parlo, e chiedo scusa, come di un'isola
ed era certo una fra le più belle pescherie italiane.
Quel ponte era lo stesso di adesso, con i delfini di bronzo a capo dei parapetti e le lastre di ferro a fargli da fondo.
C'erano banchi di marmo dove, d'estate, pacifici clochards si abbandonavano a lunghi salutari sonni per smaltire la minestra dei frati e le ombre del vicino Corder. Gli ippocastani, sempre nella bella stagione,
si trasformavano all'alba e al tramonto in verdi voliere per via dei canti di migliaia di stornelli che vi nidificavano, indisturbati, se non si tien conto di qualche innocente fiondata che raramente ne abbatteva qualcuno.....
Due baracche per il mercato al minuto del pesce e talvolta il fumo suscitato dai 'fogoni', dove i
pescivendoli cuocevano, nella stagione adatta, le granceole che altrimenti crude sarebbero state invendibili.
Era così piena quell'atmosfera della pescheria di cinquanta e più anni fa, così intensa di odori, suoni,
voci di bambini, di femminette, di uomini che cantavano, da frastornare.
Là di fronte c'era la Tipografia Vianello, un magazzino di carta straccia e una bottega di fornaio, donde
usciva al mattino,il profumo tentatore di 'sbreghe' e panini con l'uvetta passa.
Dove un tempo c'era il Camoce d'Oro, vi fu anche Salamon, con il suo baccalà e le sue fritture.
Aldilà,invece, ai 'pontesei' una grande tipografia traeva forze da due 'roste' disposte per catturare
la corrente del Cagnan che riprendeva quindi a scorrere, verde di alghe più a valle verso il vicino Sile.
Mirko Trevisanello (da Il Nuovo Cagnan)
pescivendoli
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